Psicologia

 La vecchiaia è un fenomeno culturale: secondo Simone Beauvoir

 La terza età" di Simone de Beauvoir è un ricchissimo saggio sulla vecchiaia che, benché redatto negli anni settanta, risulta ancora oggi estremamente attuale per cogliere la complessità di una condizione umana divenuta oggetto di un tabù persistente.
Tale ricchezza è data dal duplice sguardo della scrittrice, che analizza la situazione della così detta terza età sia da un punto di vista "esteriore" che "interiore". Il primo la indaga per come si presenta ad un osservatore esterno che applica le lenti della biologia, dell'antropologia, della storia e della sociologia. Il secondo ne mette invece in valore l'aspetto di esperienza vissuta, la vede per così dire dal di dentro, soffermandosi sulla sua modalità di assunzione da parte del soggetto che la vive.
De Beauvoir ne conclude l'impossibilità di dare un'unica definizione di vecchiaia: essa è un fenomeno biologico che comporta al tempo stesso conseguenze psicologiche; ha inoltre una dimensione esistenziale e sociale. Tutti questi aspetti sono strettamente interdipendenti, si influenzano reciprocamente e fanno dunque della vecchiaia non un mero fenomeno biologico  bensì culturale: il destino ineluttabile della senescenza, del divenire vecchi,  è vissuto in maniera variabile a seconda del contesto sociale di appartenenza.
Che ne è allora della vecchiaia nella modernità? E che tipo di esperienza vissuta vi si accompagna?  Sono interrogativi che illuminano la nostra comprensione della condizione umana in quanto tale. Come facciamo a conoscerci, come possiamo assumere nella sua totalità la nostra umanità  se ignoriamo chi saremo? Bisogna dunque vedere nel vecchio o nella vecchia un nostro simile, cosa che incontra innumerevoli resistenze inconsce, fomentate dalle chimere della contemporaneità.

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